Come si riconosce un caso patologico d’incontinenza urinaria?

I disturbi legati all’incontinenza urinaria sono veramente compromettenti per una donna, danno disturbi dal punto di vista sociale, economico ed igienico. Inoltre c’è forte imbarazzo a comunicare  questo problema, persino al proprio medico. Molte donne ritengono che non si possa evitare e che sia un problema tutto sommato normale e legato all’età. Esistono però terapie che possono alleviare l’incontinenza urinaria e risolvere i disagi ad essa collegati.

Tuttavia sono davvero poche le donne che si rivolgono agli specialisti per questa patologia, si tratta di circa il 24% di coloro che ne soffrono e tra esse ancora meno fanno accertamenti. In sostanza si riducono al 7% le pazienti che arrivano alla terapia vera e propria.

Quali sono i tipi d’incontinenza urinaria?

Esiste una classificazione dei tipi d’incontinenza urinaria, ossia tre modi in cui tale problema può manifestarsi e con quale frequenza.

Il primo tipo è l’incontinenza da stress ossia quella legata a colpi di tosse, tensione addominale, starnuti, insomma a fenomeni d’aumento della pressione sui muscoli addominali con conseguente perdita involontaria d’urina.

L’incontinenza da urgenza si manifesta con perdite d’urina in occasione d’uno stimolo che sembra impellente e che non si riesce a sedare. Comprendiamo bene come possa essere fonte di disagio, giacché può presentarsi in qualsiasi momento e senza poterlo controllare.

Esiste poi un terzo tipo che in realtà consiste nella compresenza dei primi due, ossia l’incontinenza mista.

Quali condizioni possono dar inizio ai problemi?

L’incontinenza  da stress può essere legata, come abbiamo anticipato, a diverse condizioni. Può manifestarsi dopo un parto, in presenza d’obesità, nella menopausa, in fumatrici incallite, etc. L’incontinenza può essere sintomo di problemi a livello della pavimentazione pelvica o riguardo lo sfintere urinario.

L’incontinenza urinaria da urgenza è legata, invece, al muscolo della vescica. Potrebbero esservi infezioni, litiasi (presenza di calcoli) o neoplasia (presenza di sangue nelle urine che testimonia un tumore) vescicali.

La maggioranza dei casi riscontrati in Italia appartiene alla tipologia dell’incontinenza mista (tra il 55 e l’83% dei casi).

Come viene diagnosticata l’incontinenza?

Quando ci si rivolge al medico, egli saprà (tramite alcune specifiche domande) riconoscere il tipo d’incontinenza della paziente. Non sono però sufficienti i soli colloqui per venire a capo del problema, occorrono alcuni accertamenti.

Il medico potrò prescrivere ecografie ai reni o alla vescica, oppure procedere con altri tipi d’analisi cliniche. Particolarmente utili possono risultare l’esame delle urine e l’urinocoltura che serve a verificare l’eventuale presenza d’infezioni.

Particolare strumento che richiede però la collaborazione attiva del pazienza è quella del diario minzionale. Piuttosto che affidarsi alla memoria, spesso poco precisa, il medico richiede al paziente d’appuntare i propri sintomi giorno dopo giorno. Vanno registrati minuziosamente i dati relativi alle perdite (orario, intensità) e le loro conseguenze (senso di vescica vuota o no), precisando quando si cambiano assorbenti o pannolini ed annotando le quantità emesse. Tale strumento s’adopera anche con pazienti sottoposti a catetere o che per necessità terapeutiche debbano raccogliere le urine in un misurino.

Come si cura l’incontinenza?

In base al tipo d’incontinenza, all’intensità del disturbo ed alla sua matrice, il medico può consigliare diversi metodi curativi. Si può procedere con una riabilitazione, con cure farmacologiche o addirittura per via chirurgica.

La riabilitazione prevede una terapia mirata a rimettere in sesto la pavimentazione della vescica e gli sfinteri. Oltre a particolari esercizi, ci si avvale anche dell’elettrostimolazione localizzata.

La terapia riabilitativa è ideale per le condizioni lievi da stress, va ripetuta periodicamente e da soddisfacenti risultati.

Se si decida di proseguire per via farmacologica è probabile che si tratti d’iperattività degli sfinteri oppure di casi d’infezioni o patologie specifiche.

La via chirurgica, comprensibilmente più temuta dalle pazienti, può essere endoscopica (come iniezioni interne che hanno lo scopo di riabilitare quella parte mal funzionante che aveva generato le perdite oppure mini-invasive con approcci chirurgici più complessi.

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