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Storia dello sci
Secondo i reperti trovati e gli studi compiuti, lo sci antico ha avuto tre zone d’influenza:
- zona dello sci artico (Giappone, Siberia, Finlandia, Norvegia del Nord)
dove l’attrezzo era lungo 170 centimetri e largo 20, alle punte ricurve erano legate due lunghe funicelle che servivano per la direzione; - zona dello sci nordico (Islanda, Scandinavia, Groenlandia)
con lo sci lungo anche 4 metri e largo soltanto 10 centimetri, punte ricurve molto più alte e uso di un solo lungo bastone che doveva talvolta sopportare anche l’intero peso dello sciatore; - zona dello sci meridionale (Caucaso, Asia centrale, Alpi, Europa del centro-nord)
con lo sci cortissimo, lungo appena poco più del piede, largo 8-10 centimetri.
Italia: lo sci nasce in Romagna
Un parroco romagnolo, Francesco Negri, letto il trattato dell’arcivescovo Olao Magnus, si avventurò solo nel nord, nel 1663, allo scopo di studiare i costumi nordici.
Provò a calzare gli sci e così li descrisse: “Sono due tavolette sottili che non eccedono in larghezza il piede, ma lunghe otto o nove palmi, con la punta alquanto rilevata e rivestiti di pelle di renna. I piedi si tengono attaccati con cordicelle intrecciate”. Negri fu il primo sciatore italiano.
Nel 1886 Edoardo Martinori, compiuta la traversata sciistica della Lapponia, riportò in Italia un paio di sci donati successivamente al C.A.I. Nel 1896, un ingegnere svizzero residente a Torino, Adolfo Kind, si fece promotore di alcune esibizioni in Valle Susa e a Bardonecchia. Nel 1901 venne fondato lo “Sci Club Torino”.
Quattro anni più tardi, lo “Sci Club Milano” organizzò la prima gara di salto; particolare curioso è il fatto che tale gara si tenne presso Porta Vittoria a Milano, oggi nel cuore della città. Nel 1909 si disputarono i primi campionati italiani di fondo e salto.
Con la diffusione della pratica sciistica in una cerchia sempre più grande di appassionati, sorsero nuove tecniche di discesa, e di pari passo andarono modificandosi gli stessi attrezzi: si accentuò la loro flessibilità e se ne abbassarono le punte, per stabilizzarli meglio.
Anche gli “attacchi” vennero migliorati con l’adozione di piastre metalliche che tenevano la scarpa “inchiodata” allo sci con speciali molle; più recenti ancora gli attacchi “di sicurezza”, meno rigidi e facilmente sganciabili se sforzati per trazione in una caduta. Mutò poi lo stesso materiale, sicché oggi si costruiscono sci in plastica, in metallo, in fibra di vetro; e la suola, completamente plastificata, non ha bisogno di scioline.
Attualmente, lo sci usato per le prove di discesa, alleggerito rispetto al passato, è lungo di solito non più di 215 centimetri, un po’ meno di quello usato per le prove di fondo; la larghezza, invece, è maggiore rispetto agli sci di fondo e si aggira sui 10 centimetri. Sci speciali sono quelli usati per le prove di salto: sono larghi, infatti, una ventina di centimetri e lunghi anche 250 centimetri.
Ritornando alla storia di questo sport, due date sono di fondamentale importanza: il 1920, anno di fondazione della FISI (Federazione Italiana Sport Invernali) e il 1924, anno d’istituzione della FIS (Federation Internationale Sci), l’ente che disciplina e regolamenta l’attività internazionale di questo sport.
Sempre nel 1924, lo sci venne ammesso alle Olimpiadi. Va detto, però, che a differenza di qualsiasi altra disciplina, lo sci olimpico ha una sede propria e anche date diverse, e questo per ovvi motivi, non potendo gareggiare se non là dove c’è la neve.
I primi giochi olimpici invernali (che comprendono oltre allo sci, l’hockey ghiaccio, il bob, lo slittino) vennero organizzati a Chamonix (Francia), ma vi si disputarono solamente le cosiddette specialità “nordiche” (salto e fondo); le specialità alpine (discesa libera e slalom) ottennero, infatti, il diritto di cittadinanza ai Giochi soltanto nel 1936 (Olimpiadi di Garmish, Austria).